L’obiettivo ultimo delle regole che si stabiliscono in famiglia è quello educativo, per questo è importante che la funzione normativa non abbia carattere coercitivo: le regole non sono comandi.
Le regole sono l’architrave della società civile, di ogni gruppo e in particolare di tutte le famiglie. Come la loro importanza è conclamata, lo è anche la difficoltà con cui se ne stabiliscono la validità e i criteri. Questa condizione è addirittura amplificata quando si ha a che fare con l’adolescenza, che è il periodo più tortuoso che i ragazzi, e con loro i genitori, sono chiamati ad affrontare.
Spesso è un luogo comune pensare che la ribellione sia una tappa obbligata e inevitabile, in realtà, regole ragionevoli e discusse portano a un rischio ridotto di sottrazione ad esse e di ribellione generale al volere dei genitori.
Ma come raggiungere questa situazione di equilibrio in cui il ragazzo è attore dei suoi comportamenti e non spettatore passivo delle imposizioni dei genitori?
Lavoro di squadra tra genitori. Il punto di partenza è un buon lavoro di squadra, in primis tra i genitori, ma anche tra genitori e figli. In questo modo i ragazzi non percepiranno i “grandi” come uno scoglio da affrontare per raggiungere la libertà, ma come una bussola che può aiutarli ad orientarsi nella libertà responsabile che si definisce insieme e a priori.
Regole chiare, condivise, sostenibili. Perché le regole siano efficaci, è bene che manifestino alcune caratteristiche: non devono essere troppe, devono essere chiare e condivise e, soprattutto, è indispensabile che siano sostenibili. Varare una regola che a priori sappiamo essere difficilmente osservabile è inutile e spesso controproducente. In questo caso è preferibile stabilire dei “mini-contratti” che riguardino un aspetto specifico del comportamento o della relazione per il quale si vuole definire o proporre un cambiamento.
Negoziare le regole. Quando è possibile, è bene che si negozi con i figli su quanto deciso, così che i ragazzi percepiscano le scelte come ponderate e derivate da una contrattazione in cui loro stessi si sono spesi e hanno contribuito con il loro punto di vista.
Dare spiegazioni. È importante tenere in considerazione che i figli adolescenti non sono più bambini e non è per questo possibile inveire con asserzioni del tipo “è così perché lo dico io” o “si fa così punto e basta”; questo non farà altro che implementare un vissuto di frustrazione che si ripercuoterà in agiti di ribellione. I ragazzi hanno il diritto di dire cosa pensano e di spiegare cosa non condividono delle decisioni; se percepiscono un ascolto attivo da parte dei “grandi” e un’apertura al dialogo, si istaurerà via via un percorso di autoregolazione e autonomia. Si potrà approfondire con loro anche le preoccupazioni dei genitori, in maniera che la relazione diventi reciproca e fruttuosa per entrambi. I ragazzi acquistano consapevolezza e imparano che i genitori compiono determinate scelte per il loro bene e i genitori riconoscono che i figli non sono più bambini: spiegare le decisioni che si prendono non è più un fatto opzionale! Per ambo le parti cresce la fiducia reciproca e il senso di soddisfazione e partecipazione alle scelte normative in famiglia.
In quest’ottica interviene l’operato dei professionisti di Studio Psicologia Bassano, attivi in tematiche quali la formazione sull’adolescenza e sul benessere familiare. Gestire un figlio adolescente è complesso e talvolta può essere necessario confrontarsi con un professionista per avere un punto di vista diverso dal proprio. A questo proposito gli esperti di Studio Psicologia Bassano si rendono disponibili per eventuali chiarimenti, domande o consulenze. Per informazioni a riguardo, scrivere all’indirizzo territorio@studiopsicologiabassano.it.
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