Stai per regalare per Natale a tuo figlio il suo primo smartphone? Ti stai chiedendo come fare a farglielo usare responsabilmente e in modo consapevole dei rischi?
È ben chiaro che se nei confronti dei bambini si vuole promuovere un utilizzo consapevole e responsabile delle nuove tecnologie, è importante fornire agli stessi alcune basi conoscitive per comprendere che cosa significa tutelare la propria privacy e rispettare quella altrui. Di conseguenza, ci si deve muovere all’interno di un’ottica di prevenzione, con l’obiettivo di impedire o ridurre il rischio, ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati. Come suggerisce l’etimologia del termine “prevenzione", la quale indica che si tratta un’azione che “viene prima” di un determinato evento rischioso, riteniamo che sia fondamentale cominciare a sensibilizzare i bambini prima che questi dispongano di un proprio smartphone. Ciò vuol dire, al giorno d’oggi, intervenire già quando i bambini hanno tra gli 8 e i 10 anni. Spiegare questi concetti così complessi a bambini appartenenti a quest’età, tuttavia, non è assolutamente semplice.
Nei nostri programmi di prevenzione all’interno delle scuole primarie, infatti, abbiamo cercato da una parte di semplificare i concetti teorici e dall’altra di renderli più accessibili alla loro comprensione attraverso esempi pratici e mediante esercizi di problem solving.
In primo luogo, nei nostri interventi di prevenzione in classe, definiamo la privacy come un diritto universale (che quindi riguarda tutti) ad esercitare un controllo sulle informazioni che ci riguardano. Si tratta del duplice diritto di sapere chi e come può conoscere e utilizzare le nostre informazioni e di decidere se si vuole dare o non dare il consenso a questo utilizzo. A partire da questa semplice definizione, accompagniamo i bambini nella comprensione di cosa succede nel momento in cui, nel corso dell’iscrizione ad un social o ad un servizio di messaggistica, si accettano i termini della privacy. Così facendo, ci si assume la responsabilità di sapere come funziona quel servizio. In particolare, una volta accettato, si è dichiarato di sapere che:
a) Il servizio informatico potrà raccogliere i contenuti, le comunicazioni altre informazioni, compresi i dati che si inseriscono quando si crea l’account, quando si condivide un contenuto o quando si comunica con altre persone;
b) Quando si decide di condividere contenuti e comunicazioni, è l’utente che decide chi potrà visualizzare tali contenuti (tutti gli utenti, soltanto la cerchia di amici/followers, una lista personalizzata di persone, ecc.);
c) Condividendo un post o inviando un messaggio ad amici o account specifici, questi possono scaricare, eseguire uno screenshot o ricondividere quel contenuto con altri all'interno o all'esterno di quel servizio.
L’obiettivo, in questa fase, è quello di trasmettere al bambino che accettare di utilizzare un determinato servizio informatico significa prendersi una responsabilità, ovvero sapere come funziona quel tipo di servizio. Accettare prima di avere letto e compreso l’informativa, significa quindi dichiarare di sapere ciò che invece non si conosce ancora.
In secondo luogo, si utilizza questa definizione semplificata di privacy, ovvero “diritto di sapere e di decidere”, sia per quanto riguarda la tutela della propria, sia riguardo il rispetto di quella altrui. Se la privacy è un diritto universale, ne consegue che tutti hanno il diritto di sapere e decidere anche sulla pubblicazione delle proprie informazioni personali anche da parte degli altri. Si deduce, quindi, che:
a) ogni volta che qualcun altro vuole pubblicare contenuti multimediali (foto e video compresi) che contengono le mie informazioni personali, il mio diritto è quello di essere preventivamente informato (diritto di sapere) e che possa esprimere il mio consenso o il mio dissenso (diritto di decidere).
b) Quando voglio pubblicare contenuti multimediali (foto e video compresi) che contengono informazioni personali altrui, devo rispettare il diritto degli altri di sapere e di decidere, quindi prima devo chiedere al diretto interessato;
Va aggiunto, infine, che quando si è minorenni non basta il consenso del diretto interessato, ma è necessario anche quello di entrambi i genitori. La pubblicazione delle proprie informazioni personali e di quelle altrui, quando si è minorenni, va dunque supervisionata dai genitori.
E se tutto ciò non bastasse? Se mio figlio un giorno fosse vittima di un cyberbullo, sarà in grado di parlarmene, o si chiuderebbe in se stesso? Come metterlo nelle condizioni migliori per parlarne? Come dovrei gestire la cosa con lui? E con la scuola? Sono tutte domande a cui non è sempre facile trovare una risposta. Con l’obiettivo di dare ad ogni genitore la possibilità approfondire queste tematiche, ho scelto, assieme al dottor Eugenio Bedini, di condividere a tutti i genitori l’esperienza di sei anni maturata all’interno di decine e decine di scuole, nell’ambito della prevenzione del cyberbullismo e della promozione della sicurezza in rete, attraverso il testo “Condivisioni pericolose: il cyberbullismo nel contesto scolastico”.
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Buona lettura!
Dott. Bonato Stefano
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