Sono le otto di sera. È mercoledì e Marco, un ragazzo di 15 anni, sta giocando con la playstation al suo videogioco preferito: Fortnite. Sono alcune ore che staziona davanti alla tv e la mamma da un quarto d’ora chiede al figlio di chiudere la console. Per lei Marco ha giocato fin troppo tempo oggi, ma quando lo invita a chiudere il gioco Marco insiste che deve terminare la partita. La mamma frustrata stacca la corrente. La console si spegne e Marco arrabbiato insulta la madre e sbattendo le porte di casa si chiude in camera sua. Quello che è successo a casa di Marco è un tipico conflitto in famiglia dovuto alla gestione delle tecnologie.
Al giorno d’oggi la vita di ognuno di noi è fortemente condizionata dall’utilizzo della tecnologia. Molto spesso in casa ritroviamo numerosi smartphone, console, computer, e tablet che ci permettono di comunicare e rimane connessi con il mondo. Bambini e ragazzi trovano in questi dispositivi tecnologici degli strumenti necessari per soddisfare un bisogno di contatto e presenza con i propri coetanei, a maggior ragione in questo periodo di distanziamenti e lock-down dettati dall’emergenza COVID. I genitori invece li considerano strumenti di distrazione, da concedere ai propri figli il meno possibile. Questo divario di prospettive genera molto spesso delle difficoltà nel concordare una gestione delle tecnologie in famiglia che crea frequenti conflitti. Con questo articolo vogliamo darvi alcuni spunti per aiutarvi a ridurre le occasioni di conflitto.
Il primo passo per ridurre i conflitti dovuti ai videogiochi è quello di riconoscere la funzione che questi ricoprono per i propri figli. Il mondo dei videogiochi è cambiato negli ultimi 10-15 anni. In passato i videogiochi si strutturavano in modalità storia o partita e si poteva giocare in più giocatori solo se fisicamente presenti. Oggi i videogiochi prevedono tutti l’utilizzo di una connessione internet e danno la possibilità di giocare online con i propri amici stando ognuno a casa propria. Questo cambiamento ha trasformato il pomeriggio sul videogioco online alla stregua di un pomeriggio al parco o al giro in bici con gli amici. I nuovi videogiochi con la modalità online rispondono perfettamente al bisogno di socializzare dei nostri figli.
Proprio come un pomeriggio al parco con gli amici, anche il pomeriggio con i videogiochi necessità di essere regolamentato nei tempi. Ma quanto è giusto far giocare i propri figli ai videogiochi? Se chiedessimo ai genitori ci direbbero un’ora e mezza, massimo due. Se chiedessimo ai figli risponderebbero tre, quattro ore o più. Il punto è che non esiste una formula magica per conoscere il tempo da concedere ai propri figli per videogiocare. La chiave per una buona gestione risiede invece nella capacità di trovare l’accordo tra figli e genitori. Rendere partecipi i propri figli nel definire assieme la quantità di tempo disponibile per videogiocare, li renderà corresponsabili della scelta presa e faciliterà l’adesione agli accordi appresi. Attenzione però: assieme alla definizione del tempo concesso per il videogioco è altrettanto importante cercare l’accordo sulle conseguenze di non rispettare i tempi prefissati. Conseguenze che dovranno essere proporzionate alla trasgressione degli accordi.
Anche quando un accordo sul tempo per videogiocare è stato già raggiunto può capitare che il proprio figlio ecceda sistematicamente il limite fissato. Questo può avvenire, soprattutto per i più giovani, per una reale difficoltà nel gestire il proprio tempo a disposizione. I videogiochi sono molto diversi tra loro, non solo per contenuti o tipologia ma anche per la durata di gioco. Alcuni videogiochi, come per esempio quelli sportivi (calcio, basket, formula 1) hanno tempi di durata standard: una partita di calcio o un match di basket durano sempre lo stesso tempo. Altri videogiochi, come i battle royale (i più famosi sono Call of Duty e Fortnite, il videogioco preferito da Marco, il protagonista della nostra storia) hanno tempi molto variabili che possono andare da 5 minuti a oltre 30 minuti a partita, a seconda dell’abilità del giocatore nel rimanere in vita. Se nostro figlio, a 10 minuti dalla conclusione del tempo a disposizione, comincia una partita di Fortnite, avrà grosse probabilità di ritrovarsi, alla fine del tempo, nel bel mezzo della partita in corso. In questi casi, interessarsi dei videogiochi a cui giocano i nostri figli e conoscerne i tempi di gioco necessari ci può aiutare a sostenere i ragazzi nella gestione del loro momento dedicato al divertimento.
I professionisti di Studio Psicologia Bassano, con l’obiettivo di prevenire e gestire i conflitti in famiglia sulla gestione di tecnologie e videogiochi, realizzano formazioni rivolte alle famiglie in collaborazione con le scuole, con le associazioni, con i comitati genitori. Per saperne di più, contattaci all’email territorio@studiopsicologiabassano.it
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